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sabato 2 giugno 2012

Festa della Repubblica 2012

Era chiaro fin dall'inizio che le polemiche per il 2 giugno erano del tutto strumentali. Lo è diventato ancora di più quando ho sentito che uno dei principali avversari della manifestazione è stato Roberto Maroni, che l'anno scorso si trovava proprio sul palco delle autorità. Intendiamoci, chi non ama questo genere di manifestazioni non ha certo bisogno di un terremoto per osteggiarle. Chi le contrasta solo in concomitanza di circostanze eccezionali è un ipocrita!


Il Quarto Stato
Non si possono bloccare le feste, è come non celebrare il Natale perché i bambini continuano a morire di fame o non celebrare la festa della donna perché le donne sono ancora sfruttate. Se uno crede ad una festa la celebra e basta, seppur compostamente, nella maniera più coerente possibile. Ma celebrare una repubblica (oltretutto travagliata come la nostra) quasi esclusivamente nella figura delle proprie forze armate è davvero il modo migliore? Possibile che sia ancora tempo di identificare un paese con le sue forze difensive?
A me non piace questa festa, tuttavia sono contento che nel '46 abbia vinto la Repubblica: se potessi la celebrerei diversamente.
Intanto non la dedicherei genericamente alle vittime del sisma più recente, ma a tutte le persone che sono morte per colpa dello stato che non ha funzionato: la dedicherei più esplicitamente a chi è caduto sotto capannoni malfatti in Emilia, sotto l'ospedale e la Casa dello Studente di L'Aquila, alle vittime della cattiva sanità, alle morti bianche, alle vittime di mafia e a quelle delle stragi di stato, i cui parenti, invece, proprio da questa Repubblica sono stati beffati in un lunghissimo processo senza colpevoli, che hanno dovuto pagare interamente.
Farei sfilare gli studenti, con i compagni di scuola di Melissa in prima fila, cercando di far ricordare che la parte più importante di una repubblica sono i suoi ragazzi. Non quelli che vanno a morire (ed uccidere) in guerra, ma quelli che cercano di diventare società su un banco di scuola o di università. Accanto a loro farei sfilare i loro insegnanti, ma un passo dietro a quelle figure importantissime della scuola, che sono i bidelli.
Dietro gli studenti, naturalmente, gli operai. Non gli operai CGIL, CISL, UIL o UGL o di qualche altra sigla sindacale, ma solo persone. Quelle che sputano l'anima per far andare avanti le piccole aziende del paese e che si vedono decurtare lo stipendio (quelli che sono assunti in regola) di anno in anno, mangiato dall'inflazione e dai debiti fatti dai banchieri. Con loro farei sfilare le donne casalinghe, senza pensione, senza retribuzione, senza diritti.
Subito dopo farei sfilare gli immigrati: quelli che in questo paese cercano un sogno da costruire, quelli che sono venuti per la voglia di riscattarsi da un passato troppo doloroso; gli stessi che hanno visto morire nel Mare Nostrum i loro amici e i loro bambini e che adesso hanno voglia di Italia, più della maggior parte degli italiani.
Farei sfilare i cosiddetti "cervelli in fuga", quei ricercatori che per vedere valorizzato il proprio lavoro si sono dovuti rifugiare all'estero, dove hanno avuto almeno la possibilità di esprimersi, senza essere soffocati dal barone di turno. Subito dietro vorrei vedere gli artisti: poeti, scrittori, pittori, musicisti, che già portano nel mondo il pesante e ricchissimo fardello del nostro patrimonio svenduto e bistrattato.
Sicuramente la Croce Rossa avrebbe il diritto di mantenere il proprio posto nella parata, ma accanto ai volontari vorrei vedere anche quelle migliaia di infermiere ed infermieri che ogni giorno si prendono cura dei malati di tutta Italia, all'ombra di medici dal nome altisonante e dalla preparazione spesso insufficiente.
Vorrei vedere in piazza tutta la gente che normalmente non si vede: i lavoratori in nero, i precari e sottoprecari, gli invalidi e gli anziani (che proprio a Roma sono stati penalizzati da un barbaro aumento delle tariffe dell'autobus), le persone che combattono contro la discriminazione sessuale.
Insomma, non vorrei vedere l'Italia più esteticamente gradevole, ma vorrei vedere sfilare lungo via dei Fori Imperiali l'Italia migliore e silenziosa, che faticosamente costruisce la nostra Repubblica, giorno dopo giorno, anche con tasse ingiuste e che si trova schiacciata da poteri troppo ingombranti.
Vorrei che la Repubblica ritorni ad essere Res Publica, cosa di tutti, di cui tutti abbiano la responsabilità e sulla quale tutti abbiano la sovranità. Il fatto è che ormai i cittadini sono esautorati del proprio potere a causa di "forze maggiori" troppo potenti. Scrive Giulietto Chiesa: «non si vede come possa esistere un'Europa sovrana se essa risulterà composta di stati assoggettati a logiche e interessi “esterni”, in quanto non sottoposti ad alcuna verifica di legittimità democratica da parte dei rispettivi popoli, che rimangono l'unica sorgente di potere, ma ormai vengono sopravanzati da una logica tecnocratica che non intende e non può più dare spazio ad alcun controllo dal basso del suo operato».
Ecco, mi piacerebbe festeggiare la Repubblica Italiana come se in questi sessantasei anni fosse cresciuta, fosse diventata matura e fosse veramente espressione della volontà di un popolo adulto e responsabile. Insomma, vorrei festeggiare la Repubblica come se davvero ci fosse.
Auguri a tutte e tutti.

1 commento:

  1. vale la pena soffermarsi su di un paio di riflessioni: la prima è che la festa e la sfilata del 2 giugno furono ripristinate da Ciampi per riaffermare il valore dell'unità nazionale contro il separatismo leghista; la seconda è che le forze armate, sfilando di fronte alle maggiori cariche dello stato, rappresentano la loro lealtà alle istituzioni democratiche. Considerando che in Italia i due tentativi di golpe del '64 e del '70 furono ascritti proprio alle forze armate, sottolineare la loro fedeltà democratica non mi sembra poi un'idea così peregrina...
    Un'altra osservazione: le spese del processo per i fatti di piazza della Loggia sono state pagate dallo stato per iniziativa del governo Monti.
    ml

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