Diamo voce ai nostri "pensieri rampanti", come fossero frutti acerbi ancora appesi all'albero, in attesa di cadere.

venerdì 15 marzo 2013

Ma chi vi credete di essere?

Agosto 2005: sotto la pioggia battente di Città del Guatemala, attendiamo di prendere l'ennesimo traballante pick-up, che ci porterà da una parte all'altra della città. Sotto una tettoia ci viene incontro una bambina coi capelli corvini, che ci guarda coi suoi intensi occhi di brace. Scambiamo qualche parola in uno spagnolo stentato, quanto basta per farci capire ed ingannare così l'attesa. È una bimba di etnia maya, che padroneggia poco lo spagnolo, destreggiandosi molto meglio nella sua lingua, per noi incomprensibile, di schiocchi e suoni gutturali. Dopo poco ci chiede da dove veniamo. «Conosci Roma?» le chiediamo; ci risponde con un dubbioso: «No!». Che strano, abbiamo pensato, non avevamo mai incontrato una persona che vivesse così lontana da non conoscere Roma. Forse eravamo davvero "quasi alla fine del mondo"!



Marzo 2013: ecco che a distanza di otto anni la stessa sensazione mi coglie, ascoltando le prime parole del neoeletto vescovo di Roma, che mi riaprono finalmente gli occhi. Allora mi rendo conto che dopo anni in cui ci siamo abituati a guardare i nostri piccoli guai come se fossero i problemi universali, non ci siamo accorti di stare roteando intorno al nostro ombelico, mentre fuori tutto continuava ad evolversi autonomamente. Mentre qui la prima pagina dei giornali era occupata da "nani e ballerine" parlamentari, o da strani nuovi orpelli riesumati dalle sagrestie papali, nel resto del mondo ci si scontrava coi problemi veri della politica internazionale, della povertà, della guerra.
Credersi la Città Eterna, Capitale Imperiale e Papalina, ci ha chiuso gli occhi a tal punto da non vedere più il nostro atavico provincialismo!
Che ci possa salvare un bagno d'umiltà? Che basti regalare al trilussiano "popolo fregnone" un novello Francesco? Detto fatto, ecco che l'effige del Poverello d'Assisi viene nuovamente cavalcata dalla curia, che affida nuovamente a lui la salvezza della Chiesa, sperando di risollevare, con lui e grazie a lui, che sostiene inevitabilmente anche i cattivi insieme ai buoni, tutto un baraccone che forse era meglio far affondare. Il potere è diabolicamente autoconservativo.
Ma se Trilussa parla così di noi romani non ha tutti i torti, perché io di sentire il nome di papa Francesco sono stato contento davvero!
Contento perché era da otto anni che attendevo di sentire proprio quel nome; o almeno un nome nuovo, che non odorasse di secoli andati e polverosi riti (mi perdonino il pacifista Benedetto XV e l'artistico Benedetto XIV, non ce l'ho certo con loro!). Erano otto anni che speravo di vedere su quel balcone un volto nuovo, magari apparentemente semplice ma colto. Erano otto anni che attendevo un papa che sembrasse una persona, non un manichino di Prada. Ma soprattutto, erano otto anni che attendevo un gesto di discontinuità da un papato troppo lungo, troppo invadente, troppo doppiogiochista, troppo teatrale, troppo plateale.
Ci sarà davvero questa discontinuità? Ripenseremo un cattolicesimo post conciliare di ampio respiro? Verrà riaperto il processo di beatificazione di MonseñorRomero? È presto per l'ottimismo, ma qualche segnale di speranza lo intravedo. Forse è troppo immaginare che i cardinali abbiano giocato a pallavolo nel tempo libero, ma forse li si può immaginare finalmente con un sorriso autentico, come fossero delle persone.
E mi torna in mente il sorriso della bambina scalza, che sotto l'acqua incessante scambiava qualche battuta con stranieri curiosi, venuti da troppo lontano.

1 commento:

  1. Ci sono dei momenti della storia in cui la Chiesa cattolica è capace di stupire, infrangendo schemi consolidati e introducendo comportamenti nuovi e inattesi.
    Fu così quando Pio XII si recò nel quartiere di san Lorenzo devastato dai bombardamenti; quando Giovanni XXIII si recò in visita ai detenuti a regina Coeli e quando convocò, a sorpresa, il Concilio.
    Quando Paolo VI, pochi mesi prima di morire, scrisse una lettera agli “uomini delle Brigate rosse” supplicandoli di liberare senza condizioni il suo amico di sempre Aldo Moro.
    Quando Giovanni Paolo I parlò di Dio come madre; quando Giovanni Paolo II chiese perdono per gli errori e le colpe della Chiesa nei secoli.
    Quando Benedetto XVI ha rinunciato al pontificato per il bene della Chiesa.
    Quando i cardinali hanno scelto Bergoglio che ha deciso di chiamarsi Francesco e ha inaugurato il suo pontificato chiedendo la preghiera del popolo su di sé e facendo scendere il silenzio su piazza san Pietro gremita di fedeli.
    Forse è proprio grazie a questi gesti inattesi, alla capacità di stupire, che la Chiesa, nonostante gli scandali e le tante oscurità, mantiene il suo ruolo di lievito dell’umanità.
    La capacità di stupire: quello che i credenti chiamano, nei secoli, il soffio dello Spirito.

    monna lisa

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